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Scrivimi una mailCiao a tutti e bentrovati. Questa è “Parentesi” la diretta con l’ospite. Io sono Valentina Pucci, mi occupo di comunicazione e marketing.
Oggi sarà l’ultima diretta della stagione, mi fermo luglio e agosto e riprenderò a settembre, poi vedrò con che modalità. In questa diretta ho intervistato Sergio Spaccavento. Potete guardare il video qui sotto o proseguire per leggere l’articolo.
Sergio mi ha contattata qualche tempo fa perché gli piacevano le mie dirette e si è offerto di partecipare. Ovviamente non potevo rifiutare, perché è un personaggio davvero interessante e ha fatto tantissime cose nell’ambito della comunicazione. È autore radiofonico, televisivo, cinematografico e conferenziere internazionale. Ha vinto premi ai principali festival pubblicitari nazionali e internazionali tra cui il Grand Prix dell’ADCI con la strategia social di Ceres, ha vinto l’MTV best show con la serie “Mario” di MTV, ha vinto 2 cuffie d’oro con lo ZOO di 105, è stato finalista al Nastro d’argento con il film “Italiano Medio” e con l’Omicidio all’Italiana di Maccio Capatonda, ha vinto il Best Movie all’Infinity Film Festival con la serie web Axel Rose; e al Rome Web Fest con la serie l’Involontario ha vinto il premio Migliore Web Serie Italiana e migliore Comedy Story; ed è stato il primo italiano ad avere il palcoscenico dei Cannes Lions tutto per sé.
La creatività ha dentro di sé la sua risposta, nel suo significato. Creativo vuol dire creare, cioè creare qualcosa di nuovo. E quando non crei, hai solamente idee che non trovano la loro concretezza e vita è estremamente frustrante per un creativo. Il creativo crea qualcosa che in teoria è originale, ma in realtà, secondo me, rielabora alcuni meccanismi per risolvere un problema a cui non si era pensato nella loro combinazione in precedenza. Quindi, quell’intuizione creativa risponde sempre a una domanda e a un problema e può essere l’urgenza artistica, così come un committente che ha un suo brief specifico e quindi un obiettivo di awareness, di vendita o tutto ciò che può venire in mente, oppure proprio nella soluzione di un problema con un pensiero laterale, cioè uscire dai preconcetti e immaginarsi fuori dalla scatola “thinking outside the box” citando Edward de Bono andando a trovare quella soluzione che non può venire a tutti quanti e lì c’è il genio.
E la creatività si può assolutamente allenare. Ci sono veramente tante chiavi creative o tanti meccanismi, a partire dalle tecniche di brainstorming, cioè ci sono delle regole che nel brainstorming possono aiutare tantissimo una fruizione del flusso di coscienza creativo che può essere migliorato. Prima regola, la più stupida che mi viene in mente, è non criticare gli altri nel momento di brainstorming perché se vado a dileggiare o a sottolineare che quella cosa non si può fare o è impossibile, vado inconsciamente a inibire il pensiero libero e immaginifico dell’altra persona e quindi lo blocco. Se lo faccio, il brainstorming non può andare avanti ed è come dire “dai inventiamo le macchine che volano” e rispondere “ma è follia non si può fare” e allora gli aerei non sarebbero nati. Quindi, ci sono sicuramente delle regole che vanno seguite e sono state immaginate, pensate e scritte per riuscire a creare un ambiente, un mood proficuo per il pensiero. Poi ci sono dei training che possiamo seguire, come i training autogeni, la respirazione, ecc. che sono scelte che facciamo noi ai limiti della filosofia e che riguardano come vogliamo star bene. Io parlo proprio di attitudine e di capire alcuni metodi di libertà che per ognuno di noi sono completamente diversi.
Ho un’accezione negativa della noia, sebbene l’ozio possa aiutare tantissimo la ricreazione e a dare di nuovo un terreno fertile per il pensiero. Io però, avendo un animo molto severo nei miei confronti, ho questa necessità di produrre e fare, se non lavoro non sono contento e arrivare all’ozio o annoiarmi di qualcosa nel momento in cui è stabile e non succede niente lo ritengo negativo. Così come la noia che deriva dalla ripetizione, quindi non dalla mancanza e dal vuoto, ma dalla ripetizione pedissequa dell’azione ripetuta che sia lavorativa o nella vita privata che poi ti porta in una situazione annichilente che è quella della comfort zone. Cioè bloccarti nella comfort zone, dove hai tutto sotto controllo, tutto funziona, è una sensazione bellissima, ma ha un tempo. Se tu rimani lì, fondamentalmente non cresci. Poi a qualcuno può interessare vivere nella comfort zone perché vuole essere sereno, ha la certezza della continuità, è ossessivo compulsivo ecc. però la creatività è molto simile allo sport e lo stress può essere positivo ed è l’unica maniera per riuscire a dare il meglio di te. Ovviamente se lo stress è continuo non fa altro che produrti cortisolo e ti porta facilmente a una depressione.
Parto da una frase tipica “quella persona non ha il senso dell’umorismo” ed è una sciocchezza, nel senso che l’umorismo o meglio la risata è qualcosa che abbiamo nel nostro DNA e non la impariamo dalla società o dai nostri connazionali umani. Pensa che la prima risata è sulle labbra dei neonati al terzo/quarto mese e quindi non c’è nemmeno una sorta di emulazione. È qualcosa che è vicina a tutti gli esseri viventi, alla domanda “ma gli animali ridono?” fior fior di scienziati hanno studiato e cercato di capire se fosse vero. Non svelo il risultato, ma pare che solo alcuni animali come i primati o i delfini e alcune razze di topi abbiano qualcosa di simile alla nostra risata sociale, che è diversa dal sorriso dalla risata nata dallo stimolo o di una comunicazione completamente diversa che è invece nostra, cioè uno stimolo mentale abbastanza complesso. E quindi i cervelli più elaborati e più incasinati o più evoluti riescono a vedere qualcosa che in natura non è possibile, tant’è che l’intelligenza artificiale non è in grado di ridere, perché ha la sua programmazione e precisione dell’algoritmo che è un codice binario, quindi una cosa o esiste o non esiste, mentre la meraviglia, la sorpresa, quell’indizio che si scopre alla fine e ti fa rileggere tutta la frase, semplicemente non esiste. Tutte le persone ridono e questo è accertato, ma per cose diverse e il profilo sociodemografico incide tantissimo, si basa sul luogo geografico, sul sesso, sull’età, sulla cultura, sugli studi che hai fatto. Uno degli errori che si fa in comunicazione pubblicitaria o social nel momento in cui non conosci bene il tuo target è dire qualcosa che fa ridere te e non il cliente, oppure il contrario cioè conosci bene il tuo target ma tu non sei in grado di elaborare creativamente una battuta che sia comica per loro. Perché fondamentalmente non è che i copywriter e i pubblicitari siano specializzati in tutto e possano fare qualsiasi cosa, dal branding content al film alla battuta umoristica, al manifesto che fa piangere ecc., chiunque sappia scrivere e comunicare non può essere un tuttologo.
Rispetto alla seconda domanda, parlerei più di umorismo, perché ironia è già un sotto aspetto particolare. L’umorismo funziona tendenzialmente sempre, la storia ci insegna che non c’è una battuta fuori luogo. Ad esempio Taffo, perché la loro comunicazione funziona? Perché loro scherzano sulla morte e non sui morti e ti fa capire tanto del perché non sei fuori luogo. Il black humor, che poi non è nemmeno quella cosa lì, perché il black humor è un pochino più spinto e va a scherzare spesso sui morti o comunque sulle cose più disgustose, ti deve far ridere per accettarle. In realtà scherzare sulla morte non è tanto cattolico perché la religione cattolica con i teschi, le scarnificazioni, lavora tanto sulla sofferenza e sulla paura della morte (però se ti comporti bene vai in Paradiso ecc.) e la morte è qualcosa di drammatico, una negligenza della vita. Motivo per cui devi rispettarla perché è il volere di Dio. Se vediamo poi in altre nazioni, il funerale o il funeral party è un momento di allegria è un passaggio. Mi ricordo tanti anni fa, ero piccolo e venne a mancare mio zio a cui ero molto vicino. Durante la veglia funebre ovviamente mia zia era disperata e anche io, mentre mio padre faceva battute e mia madre era molto allegra e scherzava. Io pensavo che cacchio stanno facendo questi due mostri? La verità è che avevano ragione. La vita non riserva solo rose, fiori e pasticche di MD. Uno dei modi per affrontare i grossi dolori della vita è sicuramente un atteggiamento costruttivo e propedeutico alla serenità e questa cosa tu puoi farla nel momento in cui vai a secernere le endorfine.
Per concludere si può usare sempre l’umorismo nei limiti del contesto. L’errore che fai è quando sbagli il target, quando rendi qualcosa pubblico che, invece, dovrebbe essere privato perché non tutti hanno quella che io definisco la coscienza comica. Cioè se io faccio una battuta, che so, sugli ebrei e lo faccio pubblicamente potrei avere haters e finti buonisti che mi attaccano, ma se la facessi a cena con amici ebrei e se la battuta fa ridere e le persone che la ascoltano hanno una coscienza comica alta, riceverei una risata. Il contesto è importante, tant’è che le varie battaglie che stanno avvenendo, secondo me fuori luogo, sono molto pericolose perché si avvicinano alla censura, ad esempio su Cremonini che ha detto quella cosa lì o l’altro personaggio pubblico che dice quella cosa là, anche perché sono estrapolate da discorsi molto più ampi.
L’intervista è conclusa, grazie a chi ha seguito le dirette in questi mesi. La stagione delle dirette finisce qui, ci rivediamo belli freschi a settembre ?
Grazie per essere passati di qua, se vi va ci si vede sui social.
Ciao e buona estate!
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